Sono triste e stanca.
Non so come capita a te ma a me capita così: quando mi sento in un certo modo, quando mi trovo in un momento difficile della vita, non provo una sensazione soltanto (tristezza, infelicità, scoraggiamento, disillusione, ecc.) ma sempre due. E oggi sperimento la tristezza e poi la stanchezza.
I sentimenti che proviamo contano ma anche l’ordine in cui le proviamo conta. È la tristezza che porta la stanchezza e non viceversa.
Ti chiederai come lo so. Beh, lo so perché sono stata tante volte stanca ma anche soddisfatta: alla fine di un meeting aziendale o di una giornata intensa andata bene o di un pomeriggio passato a fare giardinaggio. Però non mi sono mai sentita triste e dinamica, pimpante o attiva. La tristezza cammina a braccetto con la stanchezza, la stanchezza no (lei ha tanti altri amici).
La tristezza cammina a braccetto con la stanchezza, la stanchezza no (lei ha tanti altri amici).
Riti
Questa sera è apparentemente una sera qualunque. Mi ritrovo in casa mentre mi accorgo come mai prima d’ora che c’è vita fuori: persone, eventi, momenti, risate e amore. Tutte cose che qui, in casa da sola, non ritrovo.
Sono sola in casa con la tv accesa a far finta di averla popolata di vita vera ma ci sono soltanto i suoni in stereo surround e le immagini del mio 55 pollici a ultra definizione. Tutto iper tecnologico così che questa finzione di essere nel mondo (mentre sono rinchiusa in casa) possa sembrare quanto più credibile e vera possibile.
Non puoi sapere che dolore provo (la tristezza) ad accorgermi che ho scambiato le persone vere con i pixel della mia tv, le loro voci con i suoni del mio surround e la possibilità di sorprendermi ed essere felice con la rassicurante certezza dei miei riti.
Sì, Francesco, sono loro che mi hanno rubato la vita e stasera è evidente e doloroso in modo insopportabile. I riti che si formano nelle pieghe delle giornate e che ci incastrano lentamente in scelte non scelte; sono loro, gli automatismi, che ci portano a condurre vite di scelte (e di rinunce!) mai fatte consapevolmente ma il cui impatto è identico a quelle decise con coscienza e come espressione della nostra volontà.
Gli automatismi ci portano a condurre vite di scelte (e di rinunce!) mai fatte consapevolmente ma il cui impatto è identico a quelle decise con coscienza e come espressione della nostra volontà.
Volontà
La volontà, bella parola!
Martedì quando sarò da te in studio, ne parleremo. Sì, ne voglio proprio parlare della volontà perché proprio non la capisco, almeno la mia!
Che ci faccio a 39 anni chiusa a casa, stasera (come tantissime altre sere) con la tv accesa su qualcosa che non mi piace mentre fuori c’è il mondo? Mentre fuori c’è lui?
È davvero questo che voglio? Una vita sociale perché ho un lavoro ma poi una vita inesistente perché ho i miei riti? Davvero voglio farmi bastare l’applauso degli altri a lavoro per dire che sto vivendo una vita che funziona? Davvero quello che voglio è stare lì mentre la mia amica è al concerto di cui non sapevo nulla perché non è mia abitudine pensare che la vita continui dopo l’orario di lavoro se non per qualche aperitivo? Forse è così, sai? La vita non continua.
Quando esco dal lavoro la vita con la sua imprevedibilità, le persone vere, gli incontri, le novità si ferma e cede il passo ai riti… ai riti che mi fanno essere quella sono: la donna che non esce la sera, che ama stare a guardare la tv per rilassarsi, la donna che ha un lavoro che la impegna tanto ma una vita sociale minima, la donna che non ha un compagno perché (dice) che ama la sua libertà (ma di fare cosa?), la donna che oggi vorrebbe essere a quel concerto e invece rimane chiusa in casa con la tv accesa e la sensazione di sprecare un’altra possibilità di vivere.







